Proprio stasera, passeggiando per il Corso, mi era capitato di scorgere un orologio elettronico che, improvvisamente impazzito, all’interno del suo quadrante luminoso, si era ridotto a riportare una serie ininterrotta di aste. Per un attimo mi pervase un leggero sgomento, ma quella mia sensazione svanì appena pochi attimi dopo, quando il marchingegno tornò, finalmente, a segnare un orario più verosimile.
Fu così che immediatamente realizzai come quell’orologio, in maniera pressoché impeccabile, avesse invece sempre diligentemente continuato a svolgere la propria funzione. In realtà, ad ingannarmi ero stato soltanto io: quella sequenza di aste, infatti, altro non era stata, se non la corretta serie continua di quegli “1” che, per l'appunto, stavano ineccepibilmente ad indicare come si fosse giunti alla data dell’11 di novembre, ad una temperatura dell’atmosfera circostante pari agli 11 gradi centigradi.
Chissà quante volte, nella vita, anche a noi, è toccato e toccherà ancora in sorte, di dover rivestire pubblicamente i medesimi panni di quel povero orologio, eppure, in ragione di un masochistico senso dell’etica, rimaniamo comunque fermi, sempre meno numerosi, nella nostra fatale posizione di uomini razionali, a segnalare, pressoché inascoltati, l’ora esatta, anche nei confronti di quei troppi fra noi che siano stati resi incapaci di cogliere il senso compiuto di quella nostra indicazione.
Forse è proprio in questo imperturbabile svolgimento del nostro dovere di uomini razionali, fermi nella fedeltà a quanto sappiamo essere vero, che viene a riassumersi la nostra singolare dignità. Così, come l’orologio che, senza clamore, indica la realtà esatta, anche noi continuiamo a vivere, a comunicare, ed a testimoniare ciò che per altri è divenuto ormai inintelligibile.
L'Orologio. testo di Michele 57